Due culprit per uno STEMI?

Due culprit per uno STEMI?

Enrico Ponti, Chara De Toni, Chiara Idini, Gianluca Pillitteri, Roberto Saiu, Renata Malivojevic, Giuseppe De Luca

Scuola di Specializzazione Malattie dell’Apparato Cardiovascolare, Università di Sassari

Abstract

La sindrome coronarica acuta con sopralivellamento del tratto ST è una condizione clinica causata da un’occlusione trombotica acuta di una arteria coronaria (culprit lesion). È sempre più comune, nel contesto di tale scenario, il riscontro di una coronaropatia multivasale. Questo dato è anche dovuto ad un trattamento sempre più tempestivo dell’infarto miocardico acuto, che ha aumentato considerevolmente la sopravvivenza dei pazienti con diagnosi di IMA negli ultimi anni. Riportiamo il caso di un paziente di 57 anni con SCA STEMI inferiore e riscontro angiografico di due culprit lesion.

Introduzione

L’ischemia miocardica e l’infarto sono causati da diversi processi fisiopatologici che portano ad uno squilibrio tra il fabbisogno e apporto miocardico di ossigeno. Questo mismatch, se grave o prolungato, causa la necrosi miocardica.  La riduzione del flusso in un infarto con sopralivellamento del tratto ST è spesso data da un’occlusione trombotica totalmente occlusiva che colpisce solitamente un vaso coronarico, causando un’ischemia transmurale. In questo case report riportiamo il caso di un uomo di 57 anni con infarto miocardico inferiore, in cui sono state identificate due culprit lesion.

Caso clinico

Un uomo di 57 anni, forte fumatore, riferiva da circa tre giorni la comparsa di dolore toracico oppressivo, associato ad astenia e lieve dispnea; per tale motivo aveva contattato il 118. Eseguito l’ECG, è stato riscontrato un infarto miocardico acuto con sopralivellamento del tratto ST in sede inferiore. Per tale motivo il paziente ha eseguito l’accesso presso la Sala di Emodinamica dell’Ospedale di Oristano, dove è stata eseguita una coronarografia in regime d’urgenza.

Figura 1

L’angiografia ha evidenziato un quadro di coronaropatia multivasale (Figura 1), in particolare ha mostrato:

  • Coronaria destra (Cdx) occlusa al tratto prossimale (TIMI 0) con presenza di vistoso materiale trombotico;
  • Ateromasia moderata dell’interventricolare anteriore (IVA) media, con occlusione di IVA distale (TIMI 0);
  • Stenosi critica della circonflessa(CX) al tratto medio-distale ed ateromasia moderata del tratto prossimale in biforcazione con marginale ottuso (MO1))

Di fronte a questo quadro angiografico si è optato per eseguire in prima istanza l’angioplastica primaria della Cdx. Dopo somministrazione di Tirofiban, e’ stato innanzitutto rimosso il materiale trombotico mediante tromboaspirazione con successiva predilatazione della lesione e impianto di DES. Ripristinato il flusso è stata evidenziata una severa ateromasia nella porzione medio-distale del vaso: pertanto si è proceduto con un ulteriore impianto di DES, ottenendo un ottimo risultato angiografico finale (Figura 2).

Successivamente è stato eseguito il controllo angiografico dell’IVA. Si può osservare dalla figura 2 una ricanalizzazione del vaso e residua stenosi subocclusiva, probabilmente dovuta all’utilizzo dell’eparina e di inibitori della Glicoproteina IIb-IIa. Notiamo inoltre che le caratteristiche angiografiche dell’occlusione indirizzano verso una trombosi acuta.

Figura 2

È opportuno, dunque, valutare come approcciare questa lesione, ovvero se optare per una rivascolarizzazione intraprocedurale oppure differita.

A tal proposito, sono state fatte diverse considerazioni:

  • L‘IVA si presenta in questo caso iperdominante, circonda e supera l’apice cardiaco contribuendo in maniera significativa all’irrorazione delle porzioni apicali del setto inferiore e delle porzioni distali della parete inferiore;
  • In concomitanza, notiamo come la Cdx distale e l’IVP siano in realtà di esile calibro.

In tale contesto la lesione dell’IVA distale è stata considerata, date le sue caratteristiche, una seconda lesione culprit. Pertanto, è stata eseguita la procedura di angioplastica primaria ottenendo un ottimo risultato finale (Figura 3).

Per quanto riguarda le lesioni della Cx, in virtu’ della distalità della lesione critica su MO, si è optato per un approccio conservativo ottimizzando la terapia medica e programmando una valutazione con imaging stress test al follow-up. La successiva degenza è decorsa in maniera regolare e priva di complicanze. L’elettrocardiogramma in dimissione mostrava un ritmo sinusale con segni di necrosi in sede inferiore. L’ecocardiogramma confermava i segni elettrocardiografici evidenziando un’acinesia dei segmenti medio-basali del SIV inferiore e della parete inferiore, seppur con una funzione sistolica conservata (EF 58%).

Discussione

Questo case report offre uno spunto di riflessione sull’approccio dei pazienti con SCA STEMI nel contesto di una coronaropatia multivasale. Le linee guida sulla rivascolarizzazione miocardica della Società Europea di Cardiologia indicano che la rivascolarizzazione delle lesioni non culprit dovrebbe essere considerata prima della dimissione (IIA), non specificando però il timing (intraprocedurale vs staged). Questi dati sono supportati da diversi trial randomizzati (RCT) qualiPRAMI, CvLPRIT, DANAMI-3-PRIMULTI, COMPARE-ACUTE, COMPLETE, che hanno dimostrato nella loro globalità come una rivascolarizzazione completa, durante il ricovero per una SCA, sia associata ad una riduzione dei MACE, soprattutto per un ridotto tasso di rivascolarizzazioni nel follow-up successivo, in assenza di un chiaro beneficio in termini di sopravvivenza. L’unica eccezione è rappresentata dal paziente in stato di shock cardiogeno, dove la rivascolarizzazione delle lesioni non culprit non è raccomandata (IIIA).

Figura 3

Nello scenario sopra descritto, non vi è tuttavia una chiara posizione da parte delle linee guida, poiché non viene presa in considerazione l’eventualità di due lesioni culprit differenti. Possiamo ipotizzare in questo caso che la vera culprit sia stata la lesione della coronaria di destra: questo primum movens, potrebbe aver favorito il rilascio di citochine pro-infiammatorie, di molecole vasocostrittrici che hanno probabilmente causato l’instabilità di una placca preesistente anche a carico dell’IVA.

Conclusioni

La decisione su scelta dei tempi e modalità del completamento della rivascolarizzazione dipende da numerosi fattori. Il quadro clinico complessivo del paziente (età, funzione ventricolare sinistra, diabete mellito, insufficienza renale cronica, vasculopatia periferica) è sicuramente un elemento cardine nella scelta della strategia terapeutica. Accanto ai dati clinici del paziente è necessario valutare il quadro anatomico da trattare: lesioni semplici vs lesioni complesse; estensione del territorio sotteso alla stenosi; occlusioni acute vs occlusioni croniche. In questo modo, tramite un approccio multiparametrico, è possibile indirizzare il paziente verso la strategia terapeutica di rivascolarizzazione più efficace e sicura.