Un caso inaspettato di cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro (ARVC).

Un caso inaspettato di cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro (ARVC).

Gaetano Bernardini2, F. Crusco 1, A. Broccatelli 2, K. Savino2.

Cardiologia e Fisiopatologia Cardiovascolare – Università degli Studi di Perugia

1 U.O. Radiologia – Azienda Ospedaliera di Perugia

2 U.O. Cardiologia – Azienda Ospedaliera di Perugia

ABSTRACT

Un uomo di 60 anni giungeva in PS per dispnea ed edema agli arti inferiori con segni di congestione polmonare e sistemica. Agli esami di laboratorio elevati valori di TnHS e di NT-pro-BNP con onde T negative in V1-V3 all’ ECG. L’ecocardiogramma mostrava riduzione della funzione sistolica con ventricolo destro dilatato ed ipocinetico. Presentava ripetuti runs di tachicardia ventricolare. L’esame coronarografico risultava negativo. Nel sospetto di cardiomiopatia aritmogena eseguiva RMC che mostrava disfunzione e dilatazione del ventricolo destro dilatato, confermando la suddetta diagnosi. Pertanto, veniva sottoposto ad impianto di ICD ed eseguito screening nei familiari di primo grado.

CASO CLINICO

Un uomo di 60 anni senza fattori di rischio, né precedenti cardiovascolari di rilievo, giungeva in PS per progressivo peggioramento della dispnea e degli edemi agli arti inferiori; negli ultimi giorni riferiva dispnea per minimi sforzi ed episodi di dispnea parossistica notturna, negava episodi di dolore toracico, cardiopalmo e sincope.

All’accesso in PS si presentava emodinamicamente stabile, con parametri vitali nella norma (PA 120/70 mmHg), FC 85 bpm, ma con valori di saturazione  90% in aria ambiente associata a tachipnea (FR 30 atti/min). All’esame obiettivo si evidenziavano, a livello del torace, murmure vescicolare (MV) ridotto simmetricamente ai campi medio-basali ed edema improntabile a livello di entrambi gli arti inferiori. Gli esami di laboratorio risultavano nella norma, eccetto per elevati valori di TnHS e di NTproBNP. L’ECG eseguito in PS mostrava onde T negative a livello delle derivazioni precordiali destre (V1-V3). Durante la valutazione clinica il paziente ha presentato numerosi runs di tachicardia ventricolare sia non sostenute che sostenute con morfologia a blocco di branca sinistra che rapidamente hanno determinato un deterioramento dell’emodinamica tale da richiedere cardioversione con DC-Shock.

L’ecocardiogramma transtoracico mostrava severa riduzione della funzione sistolica del ventricolo sinistro con frazione d’eiezione del 30%, data da ipocinesia diffusa ed associata severa disfunzione del ventricolo destro (TAPSE 8 mm; Onda S’ al TDI = 6 cm/s), il quale appariva marcatamente dilatato. Data l’evidenza al monitoraggio ECGgrafico continuo di tachicardie ventricolare non sostenute veniva introdotta terapia antiaritmica per via endovenosa con lidocaina ed amiodarone grazie alla quale si assisteva a progressiva riduzione degli episodi tachiaritmici. Inoltre, in considerazione della concomitante presenza di segni e sintomi di congestione a livello polmonare ed a livello sistemico, il paziente veniva trattato con diuretici dell’ansa e farmaci vasodilatatori per via endovenosa fino al miglioramento del quadro di compenso ed al raggiungimento dello stato di euvolemia.

Dopo il superamento della fase acuta, per escludere l’eziologia ischemica del quadro di disfunzione ventricolare sinistra riscontrato, si sottoponeva il paziente ad esame coronarografico che  mostrava vasi coronarici angiograficamente normali. Il quadro elettrocardiografico ed ecocardiografico, correlato alla morfologia delle tachicardie ventricolari hanno portato al sospetto clinico di cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro (ARVD). Per confermare tale diagnosi, il paziente veniva sottoposto a risonanza magnetica cardiaca (RMC) (Figura 1) che confermava dilatazione del ventricolo destro con ridotta funzione sistolica e discinesia focale a livello del terzo distale oltre che LGE a livello della parete infero-laterale del ventricolo sinistro e della parete libera del ventricolo destro. L’esito della RMC rispondeva a due criteri maggiori per la diagnosi di ARVD (frazione d’eiezione del ventricolo destro = 25%; volume telediastolico del ventricolo destro 308 ml/m2), permettendoci, quindi, di giungere alla diagnosi definitiva. Successivamente, vista la storia clinica che gli conferiva un alto rischio di morte cardiaca improvvisa il paziente è stato candidato ad impianto di defibrillatore (ICD) e i familiari di primo grado sono stati sottoposti a screening per la suddetta cardiomiopatia.

CONCLUSIONI: Questo caso clinico dimostra come la presentazione della cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro (ARVD) può essere non specifica e la diagnosi può risultare difficoltosa. Le implicazioni che questa cardiomiopatia presenta dal punto di vista prognostico per la vita del paziente e dei familiari impone di considerarla sempre come possibile diagnosi differenziale al fine di evitarne un ritardo nella diagnosi.

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Enrico Baldi administrator

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